IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  ai  sensi dell'art. 23,
comma 2,  legge n. 87/1953, sui ricorsi riuniti nn. 1948/05 e 1951/05
R.G., proposti il primo dal «Consorzio stabile Pitagora» in proprio e
quale  capogruppo  della  costituenda  ATI  con  «Mareco Costruzioni»
S.r.l.,  rappresentati e difesi dall'avv. Donato De Luca, domiciliato
in Catania presso lo studio di quest'ultimo in via Lago di Nicito 14;
ed  il secondo dalla impresa «C. & C. Costruzioni» S.r.l., in proprio
e  quale  capogruppo  mandataria  dell'A.T.I.  con  1'impresa «Umbria
Cantieri»  S.r.l.  «CO.ED.I.L.»  S.r.l.  e  «Lo  Re  Carmelo» s.r.1.,
rappresentata  e  difesa  dal  prof. avv. Riccardo Modica domiciliata
presso lo studio di quest'ultimo in Catania, via Teramo n. 21;
    Contro   nel   ricorso   n. 1948/05:  il  Sindaco  di  Catania  -
Commissario  delegato per l'emergenza del traffico e per la sicurezza
sismica  -  rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello
Stato  con  domicilio  ex  lege  presso  gli uffici di qest'ultima in
Catania,  via  V.  Ognina 149; e nel ricorso n. 1951/05: il comune di
Catania,  in persona del sindaco e legale rappresentante pro tempore,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Paolo  Patane',  dell'Avvocatura
dell'Ente,  con domicilio eletto presso gli uffici di quest'ultima in
Catania  via G. Oberdan, n. 141; e nei confronti del R.T.I. «CO.MER.»
S.r.l.   -   capogruppo   -  e  «SI.GEN.CO.»  S.r.l.  (oggi  S.p.A.),
rappresentati  e  difesi  dagli  avv.ti  prof. Giovanni Pitruzzella e
Francesco   Stallone,   con   domicilio   eletto   presso  lo  studio
dell'avv. Andrea   Scuderi,   in   Catania  via  Giuffrida,  37;  per
l'annulamento   nel   ricorso   n. 1948/05:  dell'aggiudicazione  del
contratto   di  appalto  del  «parcheggio  scambiatore  Fontanarossa»
(provvedimento  del  12  maggio  2005 n. 62 del R.U.P. ing. Salvatore
D'Urso)  e degli atti preordinati riguardanti il giudizio di anomalia
dell'offerta proposta dalla ricorrente; e nel ricorso n. 1951/05: del
verbale  di  gara n. 62/05 del 12 maggio 2005, con il quale il comune
di   Catania   ha   ritenuto  non  giustificata  l'offerta  economica
presentata dalla ricorrente ed ha conseguentemente disposto in favore
dell'ATI  fra  le  imprese  CO.MER  e  SI.GEN.CO.  l'  aggiudicazione
dell'asta  pubblica per i lavori di costruzione di un'area attrezzata
per  la  protezione civile integrata con infrastruttura di parcheggio
denominata «Fontanarossa»; dei precedenti verbali di gara nonche' dei
verbali  e  della  corrispondenza  della  Commissione  Aggiudicatrice
relativi  alla  verifica  di  congruita' delle offerte; di ogni altro
atto  o  provvedimento ad essi presupposto, consequenziale o comunque
connesso,  ivi inclusi il provvedimento di aggiudicazione definitiva,
gli  atti  approvativi della gara ed il contratto di appalto, ove nel
frattempo intervenuti;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti   gli   atti  di  costituzione  nel  giudizio  nel  ricorso
n. 1948/05  dell'Avvocatura  di  Stato,  nel  ricorso  n. 1951/05 del
comune  di  Catania  ed  in  entrambi  del  R.T.I. «CO.MER.» S.r.l. -
capogruppo - e «SI.GEN.CO.» S.r.l. (oggi S.p.A.);
    Visto  il  ricorso incidentale, presentato in entrambi i giudizi,
dal  R.T.I.  «CO.MER.»  S.r.l.  -  capogruppo - e «SI.GEN.CO.» S.r.l.
(oggi S.p.A.);
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  all'udienza  pubblica  del  9  febbraio  2006 il relatore,
referendario dott. Salvatore Gatto Costantino;
    Uditi  altresi'  gli  avvocati  delle  parti,  come  da  relativo
verbale;
    Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
                           I n  f a t t o
    Espongono  i  ricorrenti  che con provvedimento del 5 agosto 2004
numero  19/Sind.  il  Sindaco  di  Catania,  Commissario delegato per
l'emergenza  traffico  e  per  la  sicurezza sismica, ha approvato il
progetto generale del «parcheggio scamnbiatore Fontanarossa».
    Per   l'affidamento  dell'appalto  di  realizzazione  dei  lavori
oggetto  dell'opera e' stata indetta la gara al massimo ribasso sulle
opere a corpo per euro 113.991,00 ed a misura per euro 8.828.623,00.
    Celebrata  la  gara,  la  Commissione  ha  calcolato la soglia di
anomalia  nel  38,03%;  nove  imprese  fra  cui  le ricorrenti, hanno
prodotto  un  offerta  parte  superiore  alla  predetta  soglia,  con
conseguente avvio del procedimento di verifica (verbale del 1° aprile
2004)   in  seno  al  quale  entrambe  le  imprese  ricorrenti  hanno
presentato  le proprie giustificazioni, delle quali alcune sono state
accolte ed altre sono state rigettate.
    A   conclusione   del  procedimento,  il  seggio  ha  aggiudicato
l'appalto alla controinteressata(verbale del 12 maggio 2005).
    Avverso  tale aggiudicazione e' insorto il consorzio Pitagora con
il  ricorso  numero 1948/05, notificato l'11 luglio 2005 e depositato
il  21  luglio  successivo, con il quale, assumendo che se la propria
offerta   non   fosse   stata  ritenuta  anomala,  sarebbe  risultata
aggiudicataria,     avendo    offerto    ribasso    maggiore    della
controinteressata,  ha  dedotto la seguente articolata censura contro
il giudizio di anomalia dell'offerta:
        I)  eccesso  di  potere  per  errore  di  fatto,  carenza  di
motivazione ed illogicita'.
    Ha proposto quindi domanda di risarcimento del danno.
    Con  decreto  presidenziale  numero 1121/05, e' stata respinta la
domanda di misure interinali provvisorie.
    Si  e' costituita nel giudizio 1948/05, con memoria depositata il
27  luglio  2005,  la  Presidenza  del  Consiglio dei ministri con il
Dipartimento  della  Protezione civile, chiedendo che si pronunciasse
l'estraneita'  delle  amministrazioni  in  epigrafe  del  giudizio in
esame.
    Si e' costituita nel giudizio 1948/05 la parte controinteressata,
depositando   in   data  1°  ottobre  2005  la  propria  memoria  con
contestuale  ricorso  incidentale,  notificato  il  26 e 27 settembre
2005,  con  il  quale ha chiesto l'annullamento «dei provvedimenti di
cui  ai  verbali  di gara con i quali l'amministrazione procedente ha
omesso di escludere parte ricorrente».
    Contro l'ammissione in gara di quest'ultima, la controinteressata
ha sollevato la seguente articolata censura:
        II) violazione e falsa applicazione degli articoli 13 commi 1
e   3,  legge  109/94,  93-96,  d.P.R.  n. 554/1999,  2  e  3  d.P.R.
n. 34/2000.
    Avverso  l'aggiudicazione  della  gara  alla controinteressata, e
anche  insorta,  con il ricorso numero 1951/05, notificato in data 11
luglio  2005  e  depositato  il  21 luglio successivo, l'impresa «C&C
costruzioni», la quale ha dedotto la seguente articolata censura:
        III)  violazione  dell'articolo  30 della direttiva 93/37/CEE
dell'articolo  21  comnma  1-bis  della  legge n. 109/1994 nonche dei
principi  comunitari  ed interni in materia di verifica delle offerte
anormalmente basse. Difetto assoluto di motivazione. Violazione della
lex  specialis  di gara. Sviamento. Eccesso di potere per difetto dei
presupposti,       carenza       istruttoria,       irragionevolezza,
contraddittorieta'.
    La  controinteressata ha altresi' proposto domanda subordinata di
risarcimento dei danni.
    Si e' costituito nel giudizio numero 1951/05 il comune di Catania
con  memoria  depositata  il  9  settembre  2005,  che, resistendo al
ricorso  avversario,  ne  chiede il rigetto per sua infondatezza. Nel
predetto  giudizio  numero 1951/05 si e' altresi' costituita la parte
controinteressata,  con  memoria  depositata  il 13 settembre 2005, e
ricorso  incidentale notificato il 27 settembre 2005, depositato il 3
ottobre  successivo,  con  il  quale  ha  chiesto l'annullamento «dei
provvedimenti di cui ai verbali di gara con i quali comune di Catania
ha omesso di escludere la parte ricorrente».
    Avverso  l'ammissione  alla  gara  di quest'ultima, la ricorrente
incidentale ha dedotto:
        1)  violazione  e  falsa  applicazione dell'articolo 30 comma
1-bis  della  legge  n. 109/1994, coordinato con le norme della legge
regionale 2 agosto 2002, n. 7 e successive modificazioni - violazione
e falsa applicazione del d.m. n. 123/2004;
        2)  Violazione  e falsa applicazione degli artt. 13 commi 1 e
3, legge n. 109/1994, 95 d.P.R. n. 554/1999 e d.P.R. n. 34/2000;
        3)  Violazione  e falsa applicazione degli artt. 13 commi 1 e
3,   legge  n. 109/1994,  95  d.P.R.  n. 554/1999,  3  e  ss.  d.P.R.
n. 34/2000 sotto altro profilo.
    In  entrambi  i  ricorsi,  le  parti  hanno  scambiato  memorie e
documenti, meglio precisando le proprie deduzioni.
    All'udienza  del  9  febbraio  2006  i giudizi riuniti sono stati
trattenuti per la decisione.

                            D i r i t t o

    Con  entrambi  i  giudizi,  le  parti  ricorrenti assumono che la
stazione  appaltante  ha  erroneamente considerato anomala la propria
offerta   per   l'aggiudicazione   dei  lavori  meglio  descritti  in
narrativa.
    Analogamente,  in entrambi i ricorsi, la parte controinteressata,
aggiudicataria  dell'  appalto;  lamenta  l'illegittima  l'ammissione
delle ricorrenti alla gara.
    I giudizi sono evidentemente connessi, quanto all'oggetto ed alle
parti e come tali devono essere riuniti.
        I)  In  entrambi i giudizi, essendo i ricorsi rivolti avverso
un  provvedimento adottato all'esito di una procedura posta in essere
dal  Sindaco  di Catania nell'esercizio dei poteri a questo conferiti
in   qualita'  di  Commissario  delegato  di  Protezione  Civile  per
l'emergenza  traffico,  il  Collegio  deve  affrontare  d'ufficio  la
questione   relativa   alla   competenza   inderogabile  recentemente
attribuita  al  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio per la
cognizione di vicende quali quella in esame.
    Tale  competenza  sorge per effetto della norma di cui alla legge
n. 21/2006,  pubbl.  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 23 del 28 gennaio
2006,  che,  all'art. 3,  per quel che qui rileva dispone: ...omissis
...  «2-bis.  In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
dell'articolo  5,  comma  1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    2-ter.  Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis,  sono  rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26, della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa
legge.
    2-quater.  Le  norme  di  cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Osserva  il  Collegio che la fattispecie in esame - in entrambi i
ricorsi   -   e'   attratta   nell'applicazione  della  citata  legge
n. 21/2006,  art. 3,  in  quanto  il  potere  amministrativo posto in
essere  da parte del Sindaco del comune di Catania e' esercitato come
delegato dell'emergenza traffico, espressamente rientrante nel novero
delle  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5,
comma  1,  della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (O.P.C.M. 20 dicembre
2002 n. 3259 in Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2002, n. 302).
    Il  collegio,  pertanto,  ritenendola  rilevante  ai  fini  della
decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti
al  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  e non manifestamente
infondata,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
predetto  art. 3,  e  segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni
bis,  ter,  quater,  come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come
gia'  fatto  in  ordine  ad altra fattispecie per la cui decisione e'
venuta  in  rilievo,  seppure con diversi presupposti processuali, la
medesima  norma  (Tribunale amministrativo regionale Sicilia, I, ord.
n. 90 del 7 marzo 2006).
    I)  La  rilevanza  della  questione  ai  fini  della decisione da
assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base
della    normativa   sopravvenuta   -   ove   non   dubitasse   della
incostituzionalita'   di  essa  e  quindi  non  ritenesse  necessario
investire  il  giudice  delle  leggi  della  relativa  questione  - a
trasmettere  gli  atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio, e
cio'   per  espressa  disposizione  della  nuova  disciplina  che  ne
prescrive  l'applicazione ai procedimenti pendenti e quindi anche per
il  procedimento  odierno,  trattenuto in decisione dopo l'entrata in
vigore  della disciplina in esame (la quale e' stata pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  del  23  gennaio 2006 ed e' entrata in vigore il
giorno successivo alla sua pubblicazione).
    II)  Circa  la  non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno
sospettare  le  norme  in  esame  di  incostituzionalita', osserva il
collegio  che  la  normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3,
comma   2,  da  bis  a  quater,  della  legge  n. 21/2006,  contrasta
innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il
principio  della  articolzione su base regionale degli organi statali
di  giustizia  amministrativa  di'  primo  grado ivi espressa («Nella
Regione  sono  istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo
grado,  secondo  l'ordinamento  stabilito da legge della Repubblica»)
che  implica  il  rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di
competenza dei singoli organi predetti.
    Non  appaiono,  all'evidenza,  manifeste  o  comunque sufficienti
ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera
di  competenze  costituzionalmente  garantita  nella  materia  di cui
trattasi  quando,  come  nel  caso in esame, le singole situazioni di
emergenza   hanno   rilievo   spiccatamente  locale  con  conseguente
efficacia  locale  dei  relativi  provvedimenti adottati dai soggetti
delegati  alla  cura  delle  varie  situazioni emergenziali, anche se
(arg. ex art. 2 comma 1 lett. «c» della legge n. 225/1992, richiamato
dall'art. 5  comma 1 legge cit.) essi sono adottati per fare fronte a
situazioni   che   «per   intensita'  ed  estensione  debbono  essere
fronteggiate con mezzi e poteri straordinari».
    III).   Anzi,   sotto   questo  aspetto,  la  norma  e'  altresi'
contraddittoria  ed  irrazionale  in  quanto  sottopone  al  medesimo
trattamento  processuale  situazioni  disparate  e  differenti tra di
loro.
    In  questo quadro, l'art. 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione
normativa,  i  casi  in  cui (ex art. 2 comma 1 lett. «c» della legge
n. 225/1992)   sia   necessario   fare  fronte  con  mezzi  e  poteri
straordinari  alle  calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi
che  richiedano  tale  intervento  per  intensita'  ed estensione. La
previsione  di  cui  alla  legge  n. 21/2006 radica la competenza del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio in tutti i casi in cui sia
dichiarato  lo  stato  di  emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5
appena  citato  e  quindi  con  esclusione  dei casi di intervento di
protezione  civile  per  gli  eventi  che  possano  essere affrontati
mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti e amministrazioni
competenti  in  via  ordinaria  (art. 2  lett.  «a»)  e di quelli che
richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2 lett. «b»).
    Si  osserva,  dunque,  che  il sistema della Protezione Civile e'
articolato   in  vari  livelli  di  intervento,  contraddistinti  dal
corrispondente  grado  di ampiezza della situazione emergenziale. Per
ogni  tipologia  territoriale  e  «qualitativa»  della  situazione di
emergenza  e'  chiamato  ad  intervenire  in  merito  il «livello» di
governo  piu' vicino alla concreta dimensione delle comunita' colpite
e  della  natura dell'emergenza, quindi secondo un chiaro criterio di
sussidiarieta'  e  senza escludere - funzionalmente e residualmente -
che  determinate  funzioni  siano  «trasversali» ossia comprendano le
competenze di piu' amministrazioni o livelli di governo.
    A  fronte  di  questa  multiformita'  possibile di manifestazioni
concrete   dell'esercizio   del   potere,   la   regola  generale  di
ripartizione  delle  competenze  delineata  dagli artt. 2 e ss. della
legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente
con  l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della
legge  n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex
lege   rilevanza   nazionale   a   qualsiasi   controversia   insorga
nell'esercizio  del  potere  di  protezione civile, facendo leva solo
sulla  necessita'  che  esso presupponga l'intervento extra ordinem e
quindi  a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge
n. 225/1992,  posto  che assegna la competenza funzionale a conoscere
delle  relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio
(e  quindi  spinge  l'interprete  a dover ritenere che il legislatore
abbia  cristallizzato  una  valutazione  di  rilevanza  nazionale  di
qualsiasi   questione,   inerente   la  Protezione  Civile,  richieda
interventi extra ordinem).
    Appare  utile  rilevare,  in  questa sede, come la giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che:
        con  l'articolo  5 della legge n. 225 del 1992, e' attribuito
al  Consiglio  dei  ministri  il  potere  di  dichiarare  lo stato di
emergenza  in  ipotesi  di  calamita'  naturali,  ed  a seguito della
dichiarazione  di  emergenza,  e  per  fare fronte ad essa, lo stesso
Presidente  del  Consiglio dei ministri o, su sua delega, il Ministro
dell'interno   possano   adottare   ordinanze   in   deroga  ad  ogni
disposizione    vigente,   nel   rispetto   dei   principi   generali
dell'ordinamento giuridico;
        art. 107,  comma  1, lettere b) e c), del decreto legislativo
31   marzo   1998,   n. 112   (Conferimento  di  funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta,
chiarisce  che  tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che
il   riconoscimento   di   poteri  straordinari  e  derogatori  della
legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale;
        queste  ultime  due  previsioni,  inoltre,  sono  gia'  state
ritenute  dalla  Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come
espressive   di   un   principio  fondamentale  della  materia  della
protezione  civile,  sicche'  deve  ritenersi  che esse delimitino il
potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze
legislative  delineato  dalla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Alla  luce  di  quanto  sopra  ricordato,  la Corte ha dichiarato
illegittimo l'articolo 4, comma 4, della legge della Regione Campania
n. 8  del  2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di
Napoli  i  poteri  commissariali  dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del
Ministro  dell'interno,  dopo  la  scadenza  della emergenza alla cui
soluzione  tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. 82/2005).
    Tale   ragionamento   comporta   che,  in  relazione  alla  legge
n. 225/1992   ed   all'art. 107,  comma  1,  lettere  b  e  c  d.lgs.
n. 112/1998,  possieda  rilievo  nazionale  «solamente»  il potere di
dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure
ad    esso   finalisticamente   connesso,   di   derogare   a   norme
dell'ordinamento con poteri extra ordinem.
    Ne  consegue  dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame
e'  irragionevole  per contraddittorieta' e disparita' di trattamento
processuale,  poiche'  utilizza lo stesso procedimento per situazioni
del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito  territoriale  e livello e
qualita'  degli  interessi  pubblici coinvolti, nonche' per contrasto
con  l'art. 117  della  Costituzione, poiche' implicitamente, finisce
per  attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla
competenza regionale.
    IV)  Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto
ove,  come  nella  specie, esso non sia giustificato da una effettiva
natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei
provvedimenti  sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio,   comporta   indubbia  violazione
dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi enunciata al primo comma;
detta   tutela   ne   risulta  minorata,  per  la  evidente  maggiore
difficolta'  di  esercitare  le  relative  azioni presso il Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio piuttosto che presso gli organi
giurisdizionali  localmente  istituiti.  Cio'  vale  sia  per la fase
transitoria  in  cui  i  giudizi  pendenti  trasmigrano  al Tribunale
amministrativo   regionale   del  Lazio,  sia  per  le  future  nuove
controversie  che  secondo  la  nuova  normativa dovrebbero essere ab
initio  instaurate  presso  detto Tribunale amministrativo regionale.
Quanto  al  primo  caso,  l'aggravio  di difesa delle parti e' palese
proprio  nel  caso oggi all'esame del Collegio ove la causa era stata
trattenuta  per  la decisione e, se non fosse intervenuta la norma di
cui alla citata legge n. 21/1996, il giudizio sarebbe stato definito;
mentre  in  applicazione  delle  suddette  norme, le parti dovrebbero
riassumerlo  al  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio con
evidente e palese defatigatoria reiterazione di attivita' processuali
oramai mature per la decisione.
    La  Corte  ha  ritenuto,  in  un caso in cui il legislatore aveva
disposto  l'estinzione  ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma
primo,  legge  n. 425/1984),  che  siffatta  disposizione,  in quanto
«preclude   al   giudice  la  decisione  di  merito  imponendogli  di
dichiarare  d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi
stato  e  grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge
sopravvenuta»,  percio'  stesso  «viola  il valore costituzionale del
diritto  di  agire,  in quanto implicante il diritto del cittadino ad
ottenere  una  decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte
costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).
    Sebbene  la  fattispecie  in  esame sia diversa da quella oggetto
della  citata  pronuncia,  il  principio  tuttavia,  ad  avviso  -de1
collegio,  e' nello stesso modo applicabile. Accade infatti, nel caso
presente,  che  chi  abbia  gia'  un  giudizio  pendente  davanti  al
Tribunale  amministrativo  regionale  locale,  ed  addirittura  abbia
ottenuto  una  decisione  cautelare,  debba  proseguire altrove nella
propria  iniziativa  giudiziaria,  addirittura  (se  ne parlera' piu'
diffusamente  infra)  rimanendo  esposto  ad  una  seconda  pronuncia
cautelare  sollecitata  dalla  parte  soccombente  davanti al giudice
adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
    V)  Altro  profilo  di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre,
nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per
legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale
ora  citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  esclude,  come la stessa Corte
costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una designazione tanto
da  parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti,  dopo che la controversia sia
insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»;
il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti,
richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002). Come la Corte
ha  insegnato,  perche'  tale principio possa considerarsi rispettato
occorre  che  «...  la  regola  di competenza sia prefissata rispetto
all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta
scorrere  le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia
di  principio  del  giudice  naturale  per rilevare che e' proprio la
preesistenza  della  regola  che  individua la competenza rispetto al
giudizio  il  criterio  fondamentale  in  base  al  quale  sono state
valutate le questioni sollevate.
    Tale  profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente,
ad  avviso  del  collegio,  nella parte della disciplina in questione
(comma  2-quater), che non solo ne dispone l'applicazione ai processi
pendenti.,  ma  addirittura  consente  una  riforma dei provvedimenti
assunti, in sede cautelare, in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera
di  un  organo  giurisdizionale  pariordinato a quelli di provenienza
(trattasi   di   giudici   tutti   di   primo   grado,  il  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio non essendo un «super-Tribunale
amministrativo   regionale»).   Cosi'   facendo,   in   sostanza,  il
legislatore  ha  introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo
grado  e  che  finisce  per costituire un doppione del gia' espletato
giudizio  (cautelare)  di  primo  grado, senza alcuna possibilita' di
inquadramento  tra  i  rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione,
reclamo) Pertanto, anche l'art. 25 della Carta costituzionale risulta
vulnerato  dalla  normativa  denunciata  dal  collegio;  e se ne trae
conferma  da  una  recente decisione della Corte costituzionale, che,
sebbene  in  relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto modo
di  affermare un principio generale, che e' quello della appartenenza
della  competenza  territoriale  alla  nozione  del  giudice naturale
precostituito  per  legge.  Precisamente,  la sentenza n. 41 del 2006
afferma, anzi, ribadisce (come testualrnente essa si esprime, citando
sentenze  precedenti  in  termini),  che  «alla  nozione  del giudice
naturale   precostituito  per  legge  non  e'  affatto  estranea  "la
ripartizione   competenza   territoriale   tra  giudici,  dettata  da
normativa ne tempo anteriore alla istituzione del giudizio" (sentenze
n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)».
    Per  altro,  atteso che il principio del doppio grado di giudizio
nella  giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di
merito, riceve garanzia costituzionale dall'art 125 della Carta (cfr.
Corte  cost.,  sentenza  n. 8  del  1982),  si configura un ulteriore
profilo  di  violazione  di  detta  norma.  Viene  infatti  ad essere
introdotto, per le controversie pendenti, un anomalo percorso (su cui
gia'   il   collegio  ha  poco  prima  espresso  i  propri  dubbi  di
incostituzionalita) che stravolge l'ordinario iter giudiziario.
    La  regola  e'  che  ad  un giudizio di primo grado segua, ove la
parte  soccombente  appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si
tratti  di  giudizio  cautelare,  sia  che  si  tratti di giudizio di
merito; giammai e' prevista una doppia pronuncia sulla stessa materia
da  parte  di  due  diversi  giudici  di  primo  grado, uno dei quali
abilitato  a  riformare  la  decisione  del primo giudice. Orbene, ad
avviso  del collegio, siffatta disciplina integra altresi' violazione
del  principio  del  «giusto  processo»,  di  cui all'art. 111, comma
primo,  della  medesima Carta («La giurisdizione si attua mediante il
giusto processo regolato dalla legge)».
    Sempre  con  riferimento  ai processi pendenti, infatti, la parte
soccombente  nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno
strumento  giurisdizionale  anomalo  e atipico a tutela della propria
(legittima,   ma   da   esercitare   in  modi  conformi  ai  principi
costituzionali)  aspirazione  ad ottenere una pronuncia favorevole in
secondo  grado  (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo
grado,  e  non,  si  ribadisce,  un inedito duplicato del giudizio di
primo grado).
    Cio'   corriporterebbe   altresi'  una  evidente  violazione  del
principio  del  ne  bis  in  idem,  che,  se  pure  non espressamente
contemplato dalla Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del
medesimo generale principio del «giusto processo» teste' richiamato.
    VI)  Da  ultimo,  secondo  un  aspetto  diverso che si riconnette
ancora  al  tema  del  giudice  naturale,  la  norma  in  esame viola
l'art. 23  dello  statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale
n. 2   del   26   febbraio  1948)  a  norma  del  quale  «Gli  organi
giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per
gli  affari concernenti la Regione. Le Sezioni del Consiglio di Stato
e   della   Corte   dei   conti  svolgeranno  altresi'  le  funzioni,
rispettivamente,   consultive   e   di   controllo  amministrativo  e
contabile.  I  magistrati  della  Corte  dei  conti sono nominati, di
accordo,   dai  Governi  dello  Stato  e  della  Regione.  I  ricorsi
amministrativi,   avanzati   in   linea   straordinaria  contro  atti
amministrativi regionali, saranno decisi dal presidente della regione
sentite  le  sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e'
stata  «interpretata»  dall'art. 5  del  d.lgs  6 maggio 1948 n. 654,
contenente   norme   per  l'esercizio  delle  funzioni  spettanti  al
Consiglio  di  Stato  nella  Regione Sicilia, il quale prevede che il
Consiglio  di Giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge
al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e
provvedimenti  definitivi  «dell'amministrazione  regionale  e  delle
altre  autorita'  amministrative  aventi  sede  nel  territorio della
regione».
    Osserva  il  Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost.
in   data   12   marzo   1975   n. 61,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale  delle limitazioni poste dall'art. 40 legge 6 dicembre
1911  n. 1034  alla competenza del Tribunale amministrativo regionale
Sicilia,  e'  stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite
tutte   le   controversie   d'interesse  regionale  considerate  tali
dall'art. 23,  comma 1, d.l. 15 maggio 1946 n. 455, comprendendosi in
tale   categoria  le  controversie  sorte  da  impugnazione  di  atti
amministrativi  di  autorita'  centrali  aventi  effetti  limitati al
territorio   regionale  ovvero  concernenti  pubblici  dipendenti  in
servizio  nella  regione  siciliana»  (Consiglio  Stato,  sez. VI, 26
luglio 1979, n. 595).
    Quindi  la  legge  n. 21/2006,  in  esame,  e' costituzionalmente
illegittima  anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23
dello  Statuto  regionale,  sia nella sua formulazione letterale, che
nella   interpretazione   pacifica   che   di  esso  ha  maturato  la
giurisprudenza,   anche   costituzionale,  riserva  al  Consiglio  di
Giustizia   Amministrativa   ed   in   primo   grado   al   Tribunale
amministrativo  regionale Sicilia, la competenza (funzionale, secondo
la  dottrina) a conoscere circa le controversie sorte da impugnazione
di  atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati
al territorio regionale, quali indubbiamente vanno considerati quelli
all'esame del Collegio nei ricorsi odierni.
    VII)  Per  tute  le  esposte  considerazioni,  deve sollevarsi la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma 2-ter, cornma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per  contrasto con
l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione della predetta questione di
legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con
il  ricorso  in  epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte
della medesima Corte.