IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953, sui ricorsi riuniti nn. 1948/05 e 1951/05 R.G., proposti il primo dal «Consorzio stabile Pitagora» in proprio e quale capogruppo della costituenda ATI con «Mareco Costruzioni» S.r.l., rappresentati e difesi dall'avv. Donato De Luca, domiciliato in Catania presso lo studio di quest'ultimo in via Lago di Nicito 14; ed il secondo dalla impresa «C. & C. Costruzioni» S.r.l., in proprio e quale capogruppo mandataria dell'A.T.I. con 1'impresa «Umbria Cantieri» S.r.l. «CO.ED.I.L.» S.r.l. e «Lo Re Carmelo» s.r.1., rappresentata e difesa dal prof. avv. Riccardo Modica domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Catania, via Teramo n. 21; Contro nel ricorso n. 1948/05: il Sindaco di Catania - Commissario delegato per l'emergenza del traffico e per la sicurezza sismica - rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato con domicilio ex lege presso gli uffici di qest'ultima in Catania, via V. Ognina 149; e nel ricorso n. 1951/05: il comune di Catania, in persona del sindaco e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Patane', dell'Avvocatura dell'Ente, con domicilio eletto presso gli uffici di quest'ultima in Catania via G. Oberdan, n. 141; e nei confronti del R.T.I. «CO.MER.» S.r.l. - capogruppo - e «SI.GEN.CO.» S.r.l. (oggi S.p.A.), rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Giovanni Pitruzzella e Francesco Stallone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Andrea Scuderi, in Catania via Giuffrida, 37; per l'annulamento nel ricorso n. 1948/05: dell'aggiudicazione del contratto di appalto del «parcheggio scambiatore Fontanarossa» (provvedimento del 12 maggio 2005 n. 62 del R.U.P. ing. Salvatore D'Urso) e degli atti preordinati riguardanti il giudizio di anomalia dell'offerta proposta dalla ricorrente; e nel ricorso n. 1951/05: del verbale di gara n. 62/05 del 12 maggio 2005, con il quale il comune di Catania ha ritenuto non giustificata l'offerta economica presentata dalla ricorrente ed ha conseguentemente disposto in favore dell'ATI fra le imprese CO.MER e SI.GEN.CO. l' aggiudicazione dell'asta pubblica per i lavori di costruzione di un'area attrezzata per la protezione civile integrata con infrastruttura di parcheggio denominata «Fontanarossa»; dei precedenti verbali di gara nonche' dei verbali e della corrispondenza della Commissione Aggiudicatrice relativi alla verifica di congruita' delle offerte; di ogni altro atto o provvedimento ad essi presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi inclusi il provvedimento di aggiudicazione definitiva, gli atti approvativi della gara ed il contratto di appalto, ove nel frattempo intervenuti; Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione nel giudizio nel ricorso n. 1948/05 dell'Avvocatura di Stato, nel ricorso n. 1951/05 del comune di Catania ed in entrambi del R.T.I. «CO.MER.» S.r.l. - capogruppo - e «SI.GEN.CO.» S.r.l. (oggi S.p.A.); Visto il ricorso incidentale, presentato in entrambi i giudizi, dal R.T.I. «CO.MER.» S.r.l. - capogruppo - e «SI.GEN.CO.» S.r.l. (oggi S.p.A.); Visti gli atti tutti della causa; Udito all'udienza pubblica del 9 febbraio 2006 il relatore, referendario dott. Salvatore Gatto Costantino; Uditi altresi' gli avvocati delle parti, come da relativo verbale; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue: I n f a t t o Espongono i ricorrenti che con provvedimento del 5 agosto 2004 numero 19/Sind. il Sindaco di Catania, Commissario delegato per l'emergenza traffico e per la sicurezza sismica, ha approvato il progetto generale del «parcheggio scamnbiatore Fontanarossa». Per l'affidamento dell'appalto di realizzazione dei lavori oggetto dell'opera e' stata indetta la gara al massimo ribasso sulle opere a corpo per euro 113.991,00 ed a misura per euro 8.828.623,00. Celebrata la gara, la Commissione ha calcolato la soglia di anomalia nel 38,03%; nove imprese fra cui le ricorrenti, hanno prodotto un offerta parte superiore alla predetta soglia, con conseguente avvio del procedimento di verifica (verbale del 1° aprile 2004) in seno al quale entrambe le imprese ricorrenti hanno presentato le proprie giustificazioni, delle quali alcune sono state accolte ed altre sono state rigettate. A conclusione del procedimento, il seggio ha aggiudicato l'appalto alla controinteressata(verbale del 12 maggio 2005). Avverso tale aggiudicazione e' insorto il consorzio Pitagora con il ricorso numero 1948/05, notificato l'11 luglio 2005 e depositato il 21 luglio successivo, con il quale, assumendo che se la propria offerta non fosse stata ritenuta anomala, sarebbe risultata aggiudicataria, avendo offerto ribasso maggiore della controinteressata, ha dedotto la seguente articolata censura contro il giudizio di anomalia dell'offerta: I) eccesso di potere per errore di fatto, carenza di motivazione ed illogicita'. Ha proposto quindi domanda di risarcimento del danno. Con decreto presidenziale numero 1121/05, e' stata respinta la domanda di misure interinali provvisorie. Si e' costituita nel giudizio 1948/05, con memoria depositata il 27 luglio 2005, la Presidenza del Consiglio dei ministri con il Dipartimento della Protezione civile, chiedendo che si pronunciasse l'estraneita' delle amministrazioni in epigrafe del giudizio in esame. Si e' costituita nel giudizio 1948/05 la parte controinteressata, depositando in data 1° ottobre 2005 la propria memoria con contestuale ricorso incidentale, notificato il 26 e 27 settembre 2005, con il quale ha chiesto l'annullamento «dei provvedimenti di cui ai verbali di gara con i quali l'amministrazione procedente ha omesso di escludere parte ricorrente». Contro l'ammissione in gara di quest'ultima, la controinteressata ha sollevato la seguente articolata censura: II) violazione e falsa applicazione degli articoli 13 commi 1 e 3, legge 109/94, 93-96, d.P.R. n. 554/1999, 2 e 3 d.P.R. n. 34/2000. Avverso l'aggiudicazione della gara alla controinteressata, e anche insorta, con il ricorso numero 1951/05, notificato in data 11 luglio 2005 e depositato il 21 luglio successivo, l'impresa «C&C costruzioni», la quale ha dedotto la seguente articolata censura: III) violazione dell'articolo 30 della direttiva 93/37/CEE dell'articolo 21 comnma 1-bis della legge n. 109/1994 nonche dei principi comunitari ed interni in materia di verifica delle offerte anormalmente basse. Difetto assoluto di motivazione. Violazione della lex specialis di gara. Sviamento. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza istruttoria, irragionevolezza, contraddittorieta'. La controinteressata ha altresi' proposto domanda subordinata di risarcimento dei danni. Si e' costituito nel giudizio numero 1951/05 il comune di Catania con memoria depositata il 9 settembre 2005, che, resistendo al ricorso avversario, ne chiede il rigetto per sua infondatezza. Nel predetto giudizio numero 1951/05 si e' altresi' costituita la parte controinteressata, con memoria depositata il 13 settembre 2005, e ricorso incidentale notificato il 27 settembre 2005, depositato il 3 ottobre successivo, con il quale ha chiesto l'annullamento «dei provvedimenti di cui ai verbali di gara con i quali comune di Catania ha omesso di escludere la parte ricorrente». Avverso l'ammissione alla gara di quest'ultima, la ricorrente incidentale ha dedotto: 1) violazione e falsa applicazione dell'articolo 30 comma 1-bis della legge n. 109/1994, coordinato con le norme della legge regionale 2 agosto 2002, n. 7 e successive modificazioni - violazione e falsa applicazione del d.m. n. 123/2004; 2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 commi 1 e 3, legge n. 109/1994, 95 d.P.R. n. 554/1999 e d.P.R. n. 34/2000; 3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 commi 1 e 3, legge n. 109/1994, 95 d.P.R. n. 554/1999, 3 e ss. d.P.R. n. 34/2000 sotto altro profilo. In entrambi i ricorsi, le parti hanno scambiato memorie e documenti, meglio precisando le proprie deduzioni. All'udienza del 9 febbraio 2006 i giudizi riuniti sono stati trattenuti per la decisione. D i r i t t o Con entrambi i giudizi, le parti ricorrenti assumono che la stazione appaltante ha erroneamente considerato anomala la propria offerta per l'aggiudicazione dei lavori meglio descritti in narrativa. Analogamente, in entrambi i ricorsi, la parte controinteressata, aggiudicataria dell' appalto; lamenta l'illegittima l'ammissione delle ricorrenti alla gara. I giudizi sono evidentemente connessi, quanto all'oggetto ed alle parti e come tali devono essere riuniti. I) In entrambi i giudizi, essendo i ricorsi rivolti avverso un provvedimento adottato all'esito di una procedura posta in essere dal Sindaco di Catania nell'esercizio dei poteri a questo conferiti in qualita' di Commissario delegato di Protezione Civile per l'emergenza traffico, il Collegio deve affrontare d'ufficio la questione relativa alla competenza inderogabile recentemente attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio per la cognizione di vicende quali quella in esame. Tale competenza sorge per effetto della norma di cui alla legge n. 21/2006, pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone: ...omissis ... «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis, sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». Osserva il Collegio che la fattispecie in esame - in entrambi i ricorsi - e' attratta nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3, in quanto il potere amministrativo posto in essere da parte del Sindaco del comune di Catania e' esercitato come delegato dell'emergenza traffico, espressamente rientrante nel novero delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (O.P.C.M. 20 dicembre 2002 n. 3259 in Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2002, n. 302). Il collegio, pertanto, ritenendola rilevante ai fini della decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 3, e segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni bis, ter, quater, come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come gia' fatto in ordine ad altra fattispecie per la cui decisione e' venuta in rilievo, seppure con diversi presupposti processuali, la medesima norma (Tribunale amministrativo regionale Sicilia, I, ord. n. 90 del 7 marzo 2006). I) La rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base della normativa sopravvenuta - ove non dubitasse della incostituzionalita' di essa e quindi non ritenesse necessario investire il giudice delle leggi della relativa questione - a trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio, e cio' per espressa disposizione della nuova disciplina che ne prescrive l'applicazione ai procedimenti pendenti e quindi anche per il procedimento odierno, trattenuto in decisione dopo l'entrata in vigore della disciplina in esame (la quale e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 23 gennaio 2006 ed e' entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione). II) Circa la non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno sospettare le norme in esame di incostituzionalita', osserva il collegio che la normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3, comma 2, da bis a quater, della legge n. 21/2006, contrasta innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il principio della articolzione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di' primo grado ivi espressa («Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica») che implica il rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di competenza dei singoli organi predetti. Non appaiono, all'evidenza, manifeste o comunque sufficienti ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera di competenze costituzionalmente garantita nella materia di cui trattasi quando, come nel caso in esame, le singole situazioni di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale con conseguente efficacia locale dei relativi provvedimenti adottati dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali, anche se (arg. ex art. 2 comma 1 lett. «c» della legge n. 225/1992, richiamato dall'art. 5 comma 1 legge cit.) essi sono adottati per fare fronte a situazioni che «per intensita' ed estensione debbono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari». III). Anzi, sotto questo aspetto, la norma e' altresi' contraddittoria ed irrazionale in quanto sottopone al medesimo trattamento processuale situazioni disparate e differenti tra di loro. In questo quadro, l'art. 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione normativa, i casi in cui (ex art. 2 comma 1 lett. «c» della legge n. 225/1992) sia necessario fare fronte con mezzi e poteri straordinari alle calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi che richiedano tale intervento per intensita' ed estensione. La previsione di cui alla legge n. 21/2006 radica la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio in tutti i casi in cui sia dichiarato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5 appena citato e quindi con esclusione dei casi di intervento di protezione civile per gli eventi che possano essere affrontati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2 lett. «a») e di quelli che richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2 lett. «b»). Si osserva, dunque, che il sistema della Protezione Civile e' articolato in vari livelli di intervento, contraddistinti dal corrispondente grado di ampiezza della situazione emergenziale. Per ogni tipologia territoriale e «qualitativa» della situazione di emergenza e' chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino alla concreta dimensione delle comunita' colpite e della natura dell'emergenza, quindi secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu' amministrazioni o livelli di governo. A fronte di questa multiformita' possibile di manifestazioni concrete dell'esercizio del potere, la regola generale di ripartizione delle competenze delineata dagli artt. 2 e ss. della legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente con l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della legge n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex lege rilevanza nazionale a qualsiasi controversia insorga nell'esercizio del potere di protezione civile, facendo leva solo sulla necessita' che esso presupponga l'intervento extra ordinem e quindi a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge n. 225/1992, posto che assegna la competenza funzionale a conoscere delle relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio (e quindi spinge l'interprete a dover ritenere che il legislatore abbia cristallizzato una valutazione di rilevanza nazionale di qualsiasi questione, inerente la Protezione Civile, richieda interventi extra ordinem). Appare utile rilevare, in questa sede, come la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che: con l'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, e' attribuito al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di emergenza, e per fare fronte ad essa, lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, il Ministro dell'interno possano adottare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico; art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta, chiarisce che tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale; queste ultime due previsioni, inoltre, sono gia' state ritenute dalla Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicche' deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione). Alla luce di quanto sopra ricordato, la Corte ha dichiarato illegittimo l'articolo 4, comma 4, della legge della Regione Campania n. 8 del 2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di Napoli i poteri commissariali dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del Ministro dell'interno, dopo la scadenza della emergenza alla cui soluzione tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. 82/2005). Tale ragionamento comporta che, in relazione alla legge n. 225/1992 ed all'art. 107, comma 1, lettere b e c d.lgs. n. 112/1998, possieda rilievo nazionale «solamente» il potere di dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure ad esso finalisticamente connesso, di derogare a norme dell'ordinamento con poteri extra ordinem. Ne consegue dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame e' irragionevole per contraddittorieta' e disparita' di trattamento processuale, poiche' utilizza lo stesso procedimento per situazioni del tutto differenti quanto ad ambito territoriale e livello e qualita' degli interessi pubblici coinvolti, nonche' per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, poiche' implicitamente, finisce per attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla competenza regionale. IV) Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una effettiva natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale Lazio, comporta indubbia violazione dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di tutela dei propri diritti ed interessi enunciata al primo comma; detta tutela ne risulta minorata, per la evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso gli organi giurisdizionali localmente istituiti. Cio' vale sia per la fase transitoria in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sia per le future nuove controversie che secondo la nuova normativa dovrebbero essere ab initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale. Quanto al primo caso, l'aggravio di difesa delle parti e' palese proprio nel caso oggi all'esame del Collegio ove la causa era stata trattenuta per la decisione e, se non fosse intervenuta la norma di cui alla citata legge n. 21/1996, il giudizio sarebbe stato definito; mentre in applicazione delle suddette norme, le parti dovrebbero riassumerlo al Tribunale amministrativo regionale del Lazio con evidente e palese defatigatoria reiterazione di attivita' processuali oramai mature per la decisione. La Corte ha ritenuto, in un caso in cui il legislatore aveva disposto l'estinzione ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma primo, legge n. 425/1984), che siffatta disposizione, in quanto «preclude al giudice la decisione di merito imponendogli di dichiarare d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi stato e grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge sopravvenuta», percio' stesso «viola il valore costituzionale del diritto di agire, in quanto implicante il diritto del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte costituzionale, sentenza n. 123 del 1987). Sebbene la fattispecie in esame sia diversa da quella oggetto della citata pronuncia, il principio tuttavia, ad avviso -de1 collegio, e' nello stesso modo applicabile. Accade infatti, nel caso presente, che chi abbia gia' un giudizio pendente davanti al Tribunale amministrativo regionale locale, ed addirittura abbia ottenuto una decisione cautelare, debba proseguire altrove nella propria iniziativa giudiziaria, addirittura (se ne parlera' piu' diffusamente infra) rimanendo esposto ad una seconda pronuncia cautelare sollecitata dalla parte soccombente davanti al giudice adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione. V) Altro profilo di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre, nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale ora citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge», esclude, come la stessa Corte costituzionale afferma, «che vi possa essere una designazione tanto da parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri soggetti, dopo che la controversia sia insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»; il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti, richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002). Come la Corte ha insegnato, perche' tale principio possa considerarsi rispettato occorre che «... la regola di competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta scorrere le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia di principio del giudice naturale per rilevare che e' proprio la preesistenza della regola che individua la competenza rispetto al giudizio il criterio fondamentale in base al quale sono state valutate le questioni sollevate. Tale profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente, ad avviso del collegio, nella parte della disciplina in questione (comma 2-quater), che non solo ne dispone l'applicazione ai processi pendenti., ma addirittura consente una riforma dei provvedimenti assunti, in sede cautelare, in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera di un organo giurisdizionale pariordinato a quelli di provenienza (trattasi di giudici tutti di primo grado, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non essendo un «super-Tribunale amministrativo regionale»). Cosi' facendo, in sostanza, il legislatore ha introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo grado e che finisce per costituire un doppione del gia' espletato giudizio (cautelare) di primo grado, senza alcuna possibilita' di inquadramento tra i rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione, reclamo) Pertanto, anche l'art. 25 della Carta costituzionale risulta vulnerato dalla normativa denunciata dal collegio; e se ne trae conferma da una recente decisione della Corte costituzionale, che, sebbene in relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto modo di affermare un principio generale, che e' quello della appartenenza della competenza territoriale alla nozione del giudice naturale precostituito per legge. Precisamente, la sentenza n. 41 del 2006 afferma, anzi, ribadisce (come testualrnente essa si esprime, citando sentenze precedenti in termini), che «alla nozione del giudice naturale precostituito per legge non e' affatto estranea "la ripartizione competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa ne tempo anteriore alla istituzione del giudizio" (sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)». Per altro, atteso che il principio del doppio grado di giudizio nella giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di merito, riceve garanzia costituzionale dall'art 125 della Carta (cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore profilo di violazione di detta norma. Viene infatti ad essere introdotto, per le controversie pendenti, un anomalo percorso (su cui gia' il collegio ha poco prima espresso i propri dubbi di incostituzionalita) che stravolge l'ordinario iter giudiziario. La regola e' che ad un giudizio di primo grado segua, ove la parte soccombente appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti di giudizio cautelare, sia che si tratti di giudizio di merito; giammai e' prevista una doppia pronuncia sulla stessa materia da parte di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato a riformare la decisione del primo giudice. Orbene, ad avviso del collegio, siffatta disciplina integra altresi' violazione del principio del «giusto processo», di cui all'art. 111, comma primo, della medesima Carta («La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge)». Sempre con riferimento ai processi pendenti, infatti, la parte soccombente nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno strumento giurisdizionale anomalo e atipico a tutela della propria (legittima, ma da esercitare in modi conformi ai principi costituzionali) aspirazione ad ottenere una pronuncia favorevole in secondo grado (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo grado, e non, si ribadisce, un inedito duplicato del giudizio di primo grado). Cio' corriporterebbe altresi' una evidente violazione del principio del ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale principio del «giusto processo» teste' richiamato. VI) Da ultimo, secondo un aspetto diverso che si riconnette ancora al tema del giudice naturale, la norma in esame viola l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948) a norma del quale «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione. Le Sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e contabile. I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello Stato e della Regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal presidente della regione sentite le sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e' stata «interpretata» dall'art. 5 del d.lgs 6 maggio 1948 n. 654, contenente norme per l'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato nella Regione Sicilia, il quale prevede che il Consiglio di Giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e provvedimenti definitivi «dell'amministrazione regionale e delle altre autorita' amministrative aventi sede nel territorio della regione». Osserva il Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost. in data 12 marzo 1975 n. 61, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40 legge 6 dicembre 1911 n. 1034 alla competenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia, e' stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite tutte le controversie d'interesse regionale considerate tali dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946 n. 455, comprendendosi in tale categoria le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale ovvero concernenti pubblici dipendenti in servizio nella regione siciliana» (Consiglio Stato, sez. VI, 26 luglio 1979, n. 595). Quindi la legge n. 21/2006, in esame, e' costituzionalmente illegittima anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23 dello Statuto regionale, sia nella sua formulazione letterale, che nella interpretazione pacifica che di esso ha maturato la giurisprudenza, anche costituzionale, riserva al Consiglio di Giustizia Amministrativa ed in primo grado al Tribunale amministrativo regionale Sicilia, la competenza (funzionale, secondo la dottrina) a conoscere circa le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale, quali indubbiamente vanno considerati quelli all'esame del Collegio nei ricorsi odierni. VII) Per tute le esposte considerazioni, deve sollevarsi la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, cornma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 125, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia. Deve pertanto essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della predetta questione di legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte della medesima Corte.